lunedì 24 dicembre 2012

"LO HOBBIT - UN VIAGGIO INASPETTATO", OPINIONI - PARTE 2


Riprendiamo ordunque la stesura del "papiro d'opinioni" sul film "Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato" ("The Hobbit - An Unexpected Journey"). Se il lettore non avesse letto la prima parte, questa può essere recuperata qui.

La scena del "Bianco Consiglio"
Dopo la splendida scena in cui Elrond Mezzelfo districa ogni dubbio riguardo alla mappa in possesso di Thorin e dopo aver mostrato allo spettatore l'origine delle lame rinvenute da Gandalf e compagni nell'antro dei troll, si passa ad un evento dalla doppia faccia. Trattasi di una riunione tra Gandalf, Elrond, Dama Galadriel e Saruman il Bianco. Durante questo incontro vengono discussi diversi avvenimenti. I membri riflettono sull'insediamento del male a Dol Guldur, sulla conseguente decadenza del Bosco Atro e sul ritrovamento di un pugnale Morgul, testimone di malvagità ed oscuro potere, da parte di Radagast il Bruno, sbeffeggiato aspramente da Saruman, ricalcando simmetricamente l'atteggiamento assunto dallo stregone alla presenza di Gandalf all'inizio de "La Compagnia dell'Anello" ("Radagast il Bruno!", rise Saruman, senza più celare il suo disprezzo. "Radagast il Domatore d'uccelli! Radagast il Semplice! Radagast lo Sciocco! Eppur gli è bastata quel po' di intelligenza per recitare la parte che gli ho affidata." - cfr. "La Compagnia dell'Anello", Libro II, Capitolo II, "Il Consiglio di Elrond").
Galadriel, Dama della Luce
("Galad" in elfico significa appunto "luce")
Scenograficamente parlando non vi è nulla da eccepire, anzi è d'uopo lodare la sconfinata maestria di Peter Jackson: colori azzeccatissimi, musica avvolgente, scenografia stessa splendida ed elficamente affascinante ma soprattutto una Galadriel (interpretata da una bravissima Cate Blanchett) splendida, ammantata di un candore e di una bellezza da mozzare il fiato, allo stesso tempo mite e tumultuosa, misteriosa e meravigliosa come solo una Dama degli elfi immaginata da Tolkien può essere.
Tuttavia la cronologia degli eventi partorita dalla altissima mente del Professore di Oxford viene nuovamente modificata.
Questo frangente altro non è se non una seduta del "Bianco Consiglio", organismo formato dalle massime personalità della casata elfica e dagli Istàri, ossia i cinque stregoni giunti dall'Ovest circa mille anni dopo la fine della seconda era che termina nell'anno 3441 con la sconfitta di Sauron da parte di Elendil, Isildur e Gil-galad (cfr. Appendice B, "Il Calcolo degli anni" in coda a "Il Signore degli Anelli").
In realtà la scoperta dell'identità del Negromante di Dol Guldur (Sauron in persona) avviene novantun'anni prima (2850, terza era) del viaggio di Bilbo con i tredici nani (2941, terza era) ed è Gandalf stesso, recandosi nella fortezza di Bosco Atro e ricevendo colà da Thráin la mappa e la chiave di Erebor, a smascherare l'Oscuro Signore. L'interpretazione del regista neozelandese, pur non rispettando appieno l'epica tolkeniana, funziona ottimamente. Molto ben reso, in particolare, è lo scetticismo di Saruman, il quale non vuol credere che il temuto grande male si sia effettivamente ridestato nella Terra di Mezzo. Se si va a spulciare la cronologia de "Il Signore degli Anelli", si può notare come il Capo dell'ordine degli Stregoni abbia rifiutato di attaccare Dol Guldur fin dalla prima convocazione del Bianco Consiglio (2851, terza era) salvo poi cedere alle pressioni di Gandalf e acconsentire, nell'anno 2941 della Terza Era. La spiegazione di questo comportamento può essere rintracciata sempre nella cronologia di cui sopra. Nella nota (a piè di pagina) dell'anno 2851 della terza era si può leggere: "Più tardi si comprese che Saruman incominciò a desiderare proprio allora di possedere per sè l'Unico Anello; egli sperava che il potere dell'Anello si sarebbe rivelato da sè, quasi cercando il suo padrone, se Sauron fosse stato lasciato in pace per qualche tempo". Nella descrizione dello stesso anno invece si legge: "Saruman incomincia a compiere ricerche in prossimità di Campo Gaggiolo" (dove Isildur era stato ucciso dagli orchi dopo la sconfitta di Sauron e dove aveva perduto l'Anello). Ancora, la nota dell'anno 2939 recita: "Saruman scopre che i servitori di Sauron stanno ispezionando l'Anduin nei pressi di Campo Gaggiolo e che Sauron è quindi al corrente della fine di Isildur. E' preoccupato ma non dice nulla al consiglio". Infine, all'anno 2941 della terza era trovasi scritto: [...] Saruman acconsente all'attacco contro Dol Guldur, poichè ora vuole impedire a Sauron di cercare nel Fiume" (per tutto il materiale appena citato cfr. Appendice B, "Il Calcolo degli anni" in coda a "Il Signore degli Anelli"). Si può quindi ben motivare l'atteggiamento del futuro traditore durante lo scambio di vedute a Imladris. Voglia il lettore perdonare la lunghezza di questo punto ma i dettagli ricordati non potevano non venir citati, al fine di contestualizzare puntualmente la
scelta registica.

Dopo un dialogo tra Gandalf e Galadriel (invenzione Jacksoniana), la compagnia dei tredici nani e Bilbo partono alla volta delle montagne, senza Gandalf (che nel libro invece li accompagna immediatamente e non appare magicamente in seguito per salvarli, come invece accade nella trasposizione cinematografica).
I giganti di pietra delle Montagne Nebbiose
Reso splendidamente è, a questo punto, l'erto ed arduo passaggio sulle vette delle Montagne Nebbiose e il "palleggio di macigni" tra i giganti di pietra: sequenza molto spettacolare e coreografica (descritta tuttavia da Tolkien in modo molto meno "esplosivo" e rocambolesco).
Si giunge ora ad un punto cardine tanto del film quanto di tutta l'epica tolkeniana. Durante una sosta all'interno di una grotta, Bilbo (che, pur avendo in animo di andarsene, viene dissuaso dagli eventi scatenatisi; frangente, questo, partorito dalla mente del regista) e i tredici nani vengono catturati dai Goblin e condotti al cospetto del loro re. Durante la marcia lo hobbit, lottando con un goblin, precipita in un burrone e viene separato dai nani (in realtà nel libro ciò avviene in un tunnel dopo la fuga dal cospetto del re di queste creature e la decollazione dello stesso da parte di Gandalf, abilmente celatosi al momento della cattura dei compagni).

Il nostro eroe, ridestatosi in una macchia di funghi umidi e mollicci, vede chi? Nientemeno che Gollum il quale, trascinando il goblin caduto nel crepaccio con Bilbo, perde un anello; nel testo, in verità, il figlio di Belladonnna Tuc rinviene l'Anello al buio mentre tasta il terreno cercando di orientarsi dopo essere stato separato da Thorin e soci e ben prima dell'incontro con Smeagol.
L'incontro tra Gollum e Bilbo
Resa invece perfettamente (non si può utilizzare altro termine) è la gara di indovinelli che segue, con un parallelismo puntualissimo (anche negli indovinelli stessi) tra libro e film. Il dualismo di Gollum è sottolineato con una cura impressionante, così come l'ansia del povero Bilbo. Lo stesso dicasi per la successiva fuga a rotta di collo del terrorizzato hobbit e la rottura dei bottoni del panciotto in un'intercapedine tra le rocce (esatta citazione dell'opera di Tolkien anche se nella pellicola viene anticipata di qualche momento rispetto a quanto scritto nel libro). Ugualmente ben realizzata è la scoperta, da parte del nostro eroe, dei poteri dell'Anello e della furia folle ed incontrollata di Gollum, causata dalla perdita "del suo Tesoro". Troviamo ora una scena molto commovente. Poco prima dell'uscita dalle gallerie, Bilbo vede il suo cammino verso la libertà ostacolato da Gollum stesso. Estrae la spada e, poco prima vibrare con disprezzo il feral colpo alla creatura, incrocia il suo sguardo. 

"Doveva combattere. Doveva pugnalare quel pazzo, cavargli gli occhi, ucciderlo. Voleva ucciderlo. No, non era un combattimento leale. Egli era invisibile adesso. Gollum non aveva una spada. Gollum non aveva ancora realmente minacciato di ucciderlo, o cercato di farlo. Ed era infelice, solo e perduto. Un'improvvisa comprensione, una pietà mista a orrore, sgorgò nel cuore di Bilbo: rapida come un baleno gli si levò davanti la visione di infiniti, identici giorni, senza una luce o una speranza di miglioramento: pietra dura, pesce freddo, strisiciare e sussurrare. Tutti questi pensieri gli passarono davanti in una frazione di secondo. Egli tremò." (cfr. "Lo Hobbit", capitolo V, "Indovinelli nell'oscurità").

La medesima meravigliosa poesia posta in essere dalla maestria del Professore trova qui una davvero commovente (perdoni il lettore la ripetizione ma altro lemma non renderebbe egual giustizia) realizzazione grazie allo intensissimo scambio di sguardi tra il protagonista e Gollum (grandissima abilità viene palesata sia da parte di Martin Freeman che da parte di Andy Serkis, con l'ausilio di un impressionante lavoro in computer grafica). Gli occhi dello spettatore non possono che inumidirsi davanti a tanta grazia. Nitido torna alla mente il discorso di Gandalf a Frodo dentro Moria durante "La Compagnia dell'Anello": "Peccato? E' stata la pena che gli ha fermato la mano. Molti di quelli che vivono meritano la morte e molti di quelli che muoiono meritano la vita. [...] Il mio cuore mi dice che Gollum ha ancora una parte da recitare, nel bene o nel male, prima che la storia finisca. La pietà di Bilbo può decidere il destino di molti" (cit. dal film "La Compagnia dell'Anello").

Thorin Scudodiquercia, poco prima di scagliarsi su Azog
Dopo la fuga dei nani dai tunnel (molto coreografica e spettacolare), l'elusione di Smeagol da parte di Bilbo ed un monologo di quest'ultimo sul valore della casa e del "ritorno all'ovile" (toccante seppur breve), lo spettatore ammira la scena finale, anche questa dalla duplice facciata. I nani, lo stregone e Bilbo, inseguiti da lupi ed orchi, si arrampicano su alcuni alberi. Nonostante sia di grande impatto scenico (effetti grafici ottimi e scelte scenografiche accattivanti ed adrenaliniche), la decisione di Peter Jackson di inserire nuovamente l'orco Azog (vedasi Parte I) e di far scagliare con odio e violenza Thorin (con una memorabile inquadratura del re dei nani all'attacco attraverso un corridoio di fiamme con Orcrist sguainata ed un urlo poderoso) contro lo stesso, risulta quantomeno azzardata. Inoltre lo stesso hobbit, vedendo il capo della compagnia in evidente pericolo di vita, cercando di salvarlo si scaglia con foga contro Azog stesso (in linea con un ipotetico rinvigorimento della "parte tucchica", più volte ricordata da Tolkien, del suo tranquillo animo di abitante della Contea), fatti entrambi completamente assenti nel testo. L'odio di Thorin all'indirizzo del malvagio orco è palpabile ma proprio qui sta il secondo motivo di dubbio, in merito all'utilizzo di questo personaggio, da parte di chi scrive (si veda di nuovo la Parte I): Tolkien pone sì un deciso accento sull'odio del figlio di Thráin ma detto odio (endemico, viscerale e terribile) è indirizzato non ad Azog bensì al drago Smaug. La scelta del regista di modificare a tal punto questo aspetto cardine de "Lo Hobbit" per trasferirlo invece su una figura circostanziata dal Professore in un ambito molto diverso e legata al testo in modo non così marcato, è, nonstante sia perfetta ai fini della mera realizzazione cinematografica, molto strana (e decisamente fastidiosa per un qualsiasi amante dei libri di Tolkien).
La mappa di Thorin

I nani, Gandalf e lo hobbit vengono infine salvati dalle Aquile delle Montagne Nebbiose e depositati sulla cima di una roccia a forma di testa d'orso (presumibilmente la Carroccia stessa); Thorin abbraccia Bilbo ringraziandolo per il coraggio dimostrato e rimangiandosi tutti i suoi precedenti dubbi circa l'adesione di costui alla spedizione. In verità, nel libro, i nani cambiano radicalmente la loro opinione sul povero hobbit, trattandolo con rispetto e nobiltà, ben più avanti (dopo gli eventi di Bosco Atro).

Nell'ultima scena del film i tredici viaggiatori, Gandalf e lo hobbit, dall'alto della rupe, spaziano lo sguardo su una immensa foresta e scorgono in lontananza l'eterea sagoma di Erebor, meta del loro viaggio.

Howard Shore
Tirando le somme, che dire? "Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato" è un bellissimo film, ben diretto e ben recitato, spettacolare, comico, drammatico ed epico allo stesso tempo, testimone della grande maestria del buon PJ anche se qualche interpretazione molto libera, seppur figlia della "filosofia" citata nella prima parte, potrebbe far storcere il naso ai cultori più sinceri dell'opera omnia di J.R.R. Tolkien (tra i quali si pone anche il redattore di questo pezzo). Se proprio si vuol trovare una lieve pecca, alcune scene, mediante la scelta di montaggio posta in essere, sono state forse "troncate" un po' troppo rapidamente, proprio nel momento di maggior pathos (si ringrazia Chiara Mariani per aver portato questo dettaglio all'attenzione di chi scrive). Menzione d'onore merita senza dubbio alcuno la entusiasmante colonna sonora, composta e diretta da Howard Shore: epica, maestosa ed imponente in alcuni frangenti, dolce, lieve ed aggraziata in altri, capace di sottolineare con colore più che adeguato ogni momento del film.
Concludendo, chi vi scrive vuole nuovamente sottolineare che quanto espresso finora rappresenta solo una serie di opinioni umili e personalissime; non ha nessuna pretesa di essere considerato qualcosa di più elevato. Perdoni nuovamente il lettore la lunghezza e la tediosità dell'"articolo".
La curiosità ed il desiderio di ammirare le altre due pellicole si fanno sempre più pressanti; tutti attendiamo con ansia il seguito.
Peter Jackson non ha ancora terminato il suo lavoro; la magia ed il fascino della Terra di Mezzo, per fortuna, avvolgeranno ancora il grande ed il piccolo schermo.

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